Myanmar una storia difficile. Il racconto di Graziella Bergamaschi Ferraresi
Quando è il bosco a proteggere le persone

“Un bambino che salta su una mina e perde una gamba, i militari che attaccano i villaggi facendo terrorismo e saccheggiando, la popolazione che si rifugia nel bosco per poter continuare a vivere. E lì, nel bosco, costruiscono la scuola, la chiesa, l’ospedale che mantiene l’anonimato ovviamente per motivi di sicurezza.” Questo ci racconta Graziella Bergamaschi Ferraresi, dell’associazione carpigiana “Insieme per le missioni”, quando la contattiamo per essere informati e aggiornati sulla situazione in Myanmar. Graziella, essendo in contatto con questa realtà, è informata sulla condizione attuale che ci racconta essere molto complicata. “A breve ci saranno le elezioni, per questo i militari mettono mine e riconquistano i territori della popolazione attraverso atti vandalici. Il periodo è difficile”.

L’associazione di cui sopra, da lei fondata, si è molto adoperata per aiutare questo popolo e non solo, anche se le risorse non erano molte. Sono state costruite sedici cisterne per l’acqua in vari Paesi: Myanmar, Mongolia, Tanzania, Mozambico. “È stata costruita anche una scuola – dice Graziella – che purtroppo corre il rischio di essere distrutta dai militari. Il risultato è sempre la fuga dal villaggio e il non ritorno delle persone nelle loro case, per il saccheggio che viene attuato. Per quanto riguarda il cibo, oltre alle verdure, le persone si cibano di riso che viene distribuito nelle case da religiosi”.

Graziella ci narra anche di una realtà, da lei conosciuta, composta da ragazzi con disabilità ed anche dalle loro madri. Per non isolarli, sono stati fatti uscire dal Centro dove alloggiano per andare ad alcuni incontri con uno psicologo. L’obiettivo era favorire in loro una migliore consapevolezza e conoscenza di loro stessi e soprattutto aiutarli a trovare un modo più sereno di stare al mondo, nella speranza che, pur con disabilità si possa costruire un futuro ricco di opportunità.
Infine il sogno di Graziella è far sì che ognuno di loro possa lavorare, utilizzando le risorse a loro disposizione. “Che cosa posso fare con una mano sola”. Costituire quindi una cooperativa per far lavorare questi ragazzi, facendoli esprimere, utilizzare le loro competenze, i loro talenti che, pur nella disabilità, possono far uscire da loro stessi e incontrare la comunità. Con l’augurio che possano essere accolti ed amati per quello che sono e che possono dare. Un bell’esempio di inclusione, direi.



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