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Anni ’50 e ‘60 della scuola elementare a Carpi

di Renzo Gherardi

2° appuntamento con le storie di scuole a Carpi

Carpi nel 1950 aveva 37.471 abitanti, mentre a fine decennio, nel ’59, gli abitanti diventarono 43.380. Il censimento del 1951 nel Comune registrò la presenza di 2.683 analfabeti a cui sono da aggiungere 155 minori che non adempirono all’obbligo scolastico.

Con lo sviluppo dell’attività del tessile-abbigliamento sorse la necessità di mano d’opera soprattutto femminile: si ebbe allora un inurbamento dalle frazioni e dalle campagne alla città per lavorare nelle fabbriche di maglieria. A partire dagli anni ’60 l’immigrazione dal Meridione si fece massiccia e migliaia di questi lavoratori costituirono il primo incontro dei carpigiani con la diversità culturale. Molti inurbati intanto cominciavano a costruirsi la casa. Se nel 1950 a Carpi si costruì un solo edificio, nel ’58 se ne costruirono ben 194.

Carpi diventò un caso di rilevanza nazionale per lo sviluppo frenetico della maglieria e molti giornali mandarono le migliori firme per conoscere “il fenomeno Carpi”.

Nacquero nuovi quartieri a nord e a sud del centro storico e nacque con essi l’esigenza di dotarli di scuole elementari in grado di accogliere i nuovi inurbati.

All’inizio degli anni ’50 Carpi (con esclusione delle frazioni) aveva un solo edificio di scuola elementare: quello di Castelvecchio costituito da tre sole ali. Solo nel 1957 verrà inaugurata un’altra ala, quella su viale Carducci; l’edificio potè così accogliere sino a 1200 alunni. La prima scuola in uno dei nuovi quartieri sorti nelle nuove periferie fu quella in via Tonelli, edificata nel 1960 e indicata per alcuni anni come “Rione sud”, mentre negli anni successivi verrà intitolata “A. Manzoni”. Dopo alcuni decenni la scuola cesserà di funzionare.

Nov. ’65, Inaugurazione delle “Collodi”: presenti il sindaco Bruno Losi e la dir.ce Saffo Bocchi.

A questa prima costruzione seguiranno due diversi edifici situati rispettivamente in via Goito e in via Doria, che costituiranno un unico plesso, funzionante dal 1963 e in seguito intitolato a “L. da Vinci”. A questi seguirà nel 1965 una nuova e più grande scuola in via Bortolamasi, inizialmente conosciuta come “Rione nord” e in seguito intitolata “C. Collodi”.

Fossoli, classe 1B femminile, a.s. 1955-56, m^ Agostina Lazzarini

Anche nelle frazioni vennero costruiti nuovi edifici, come a Fossoli in via del Cacciatore, dove negli anni ’66-’67 venne edificata una nuova scuola intitolata a “Leopoldo Gasparotto”.

L’ultima scuola costruita nel periodo considerato fu quella di via Cremaschi, intitolata “Anna Frank” e sorta nel 1968. Negli stessi anni a seguito del trasferimento di buona parte della popolazione dalle campagne alla città, chiusero le piccole scuole del Cantoncino alla Bruciata, Il Cantone di Gargallo, S. Martino Secchia, casa Schiavi e Villa Lugli di Cortile.

Nel 1955 il Ministero della P.I. emanò nuovi programmi per la scuola elementare che si richiamavano alla libertà e all’istanza di una formazione integrale. In essi il bambino veniva considerato “tutto intuizione, fantasia e sentimento”, mentre le indicazioni didattiche raccomandavano di partire dal mondo concreto del fanciullo e di curarne le attitudini all’osservazione, alla riflessione e all’espressione. Il corso elementare di 5 anni venne suddiviso in un I° ciclo che comprendeva le classi I^ e II^ e dal II° ciclo costituito dalle classi III^, IV^ e V^.

Giugno ’64, scuole Fanti, cl. V maschile, m° Ivo Lodi

In quegli anni grazie alle mutate condizioni di vita cominciavano a diffondersi fra gli scolari i primi significativi cambiamenti che fecero scrivere a una maestra della scuola di Via Bella Rosa “non vi è più differenza fra i bambini di città e quelli di campagna, la stessa pulizia e lo stesso ordine”.

Per la prima volta comparvero classi di I^ in cui tutti gli alunni furono promossi. Inoltre nei registri scolastici compilati dai maestri cominciarono a comparire osservazioni che segnalavano una più attenta consapevolezza degli aspetti sociali e culturali dell’ambiente in cui era inserita la scuola.

Non solo, ma vi si leggono maggiore attenzione per gli aspetti psicologici. Un maestro di Fossoli nell’a.s. 1954-55 scrive: “Quattro alunni non vogliono frequentare. Sono grandi sempre bocciati, si vergognano. La scuola elementare non è fatta per disamorare i bambini prima che compiano l’età dell’obbligo”.

1964, Scuole Fanti, m^ Iolanda Rossi Petazzi e direttrice Saffo Bocchi

Nel 1950 diventò direttrice didattica Saffo Bocchi che operò in tale ruolo per un ventennio.

Solo nell’a.s. 1958-59 venne nominato il secondo direttore didattico: si trattò di Francesco Rinaldi a cui vennero assegnate alcune scuole nella zona nord di Carpi. Successivamente operarono come direttori didattici anche Lelio Stentarelli e Franco Poggi.

Dal 1954 al ’56 arrivarono a Carpi circa 400 profughi istriani che furono ospitati nell’ex Campo di Concentramento di Fossoli, abbandonato qualche anno prima da don Zeno con la sua Nomadelfia e ribattezzato villaggio S. Marco. Le baracche furono adattate a piccoli appartamenti, mentre sorsero negozi e laboratori. Furono aperti un asilo infantile e una scuola elementare che funzionava con le pluriclassi frequentate da bambini che parlavano prevalentemente il dialetto veneto. Molti di loro risentivano delle traversie subite. Tra gli altri maestri vi insegnerà Olinto Lugli che realizzò un giornalino scolastico, interviste, ricerche e corrispondenze con classi di altri comuni. Il villaggio chiuse definitamente nel 1970.

Nel 1953 vennero istituite le “scuole speciali” all’interno delle elementari “Fanti”; ogni classe accoglieva cinque alunni portatori di handicap sotto la guida di docenti esperti. Vennero inoltre istituite le “classi differenziali” che accoglievano alunni con problemi di apprendimento o di disadattamento, in vista di un futuro inserimento nelle classi normali. Tali realtà funzionarono fino all’inizio degli anni ’70. Gli anni ’60 si chiusero con nuovi fermenti sociali e culturali e sfociarono nella “contestazione studentesca” e nel ’68. La scuola venne investita da forti critiche mentre esperienze come quella di don Milani e della sua scuola di Barbiana animarono anche localmente il dibattito sulla scuola.

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