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Per far bella Carpi. Gino Baschieri pittore scultore marmista

Valenza umana e creativa

di Mario Orlandi

Da EroStraniero n. 25 – Marzo 2021

La casa ha ottant’anni portati molto bene con le sue eleganti linee e decori stile liberty, la scaletta esterna bordata di fiori, lo squillante color giallo limone dell’intonaco rigato che la fa spiccare tra le case di questo bel viale alberato aperto nei primi decenni del novecento dopo l’abbattimento delle mura cittadine.

Il pavimento dell’ingresso istoriato a quadrotti multicolori in marmo finemente accostati con cadenze che vanno dal nero del Belgio al bianco di Carrara per passare attraverso le brecce rosse, rosa e ocra, ci fa capire subito che questa è casa di antichi marmisti.

Ma basta far correre lo sguardo alle pareti tappezzate di quadri e alle eleganti statuette agli angoli, per intuire che questa è anche casa di artisti.

Le sorelle Baschieri, Margherita e Pierangela, mi accolgono con un sorriso e mi accompagnano nelle altre stanze dove altri dipinti, opere in marmo, cotto e bronzo sono una presenza palpabile del papà Gino pittore scultore e marmista. E mi raccontano un poco della sua vita.

Gino era nato nel 1891 ed era entrato fin da giovane nel laboratorio di marmista dal padre Gaetano che l’aveva fondato nel 1870 all’interno delle mura cittadine sotto il portico di San Nicolò per poi trasferirlo prima, in viale Carducci, quindi, nel 1930, in Viale Focherini sul limite Nord dell’appezzamento di terreno dove sarebbe poi stata costruita, nello stesso anno, anche la casa.

Da sempre portato per le materie artistiche, aveva frequentato con profitto l’istituto Venturi di Modena conseguendo il diploma di professore di disegno e poi la locale scuola di disegno sotto l’egida del professor Orfeo Messori di cui, in casa, si conserva ancora una statuetta in bronzo realizzata da Gino stesso .

Aveva poi diviso tutta la sua vita tra la numerosa famiglia, le tante attività del laboratorio e la sua passione per la pittura e la scultura. Al laboratorio aveva accudito materialmente insieme al padre e ai due fratelli prima che questi si trasferissero a Milano durante un periodo di crisi economica nel 1939 lasciandolo solo nella conduzione del lavoro. L’attività in laboratorio e la passione per la pittura e soprattutto per la scultura andranno spesso, di pari passo per tutto il tempo della sua vita.

Nel 1932 si era sposato con Alice, anch’essa pittrice (di lei si conservano in casa due deliziosi quadretti raffiguranti due madonnine ) e da questo matrimonio erano nati quattro figli, un maschio, Paolo e tre femmine, Pierangela Margherita e Marcella, che abitano ancora oggi nella casa di Viale Focherini.

Grazie al prestigio guadagnato nell’ambito dell’arte e dell’imprenditoria, nel dopoguerra venne chiamato a far parte della Commissione Comunale di Storia Patria cui presterà il suo prezioso apporto per lunghi anni. Ricordano le sorelle che tutti i lunedì si recava in Municipio dove si svolgevano le riunioni e che negli ultimi anni lo faceva con una certa riluttanza a causa delle divergenze di idee tra lui, più rigorista e gli altri componenti, più propensi a lasciar correre nel pieno boom economico degli anni 60.

Tutta l’opera di Gino Baschieri, sia le sculture, prevalentemente busti e teste femminili, che i disegni e le pitture, per lo più paesaggi di Carpi, Venezia, e di altre città e borghi dell’Italia centro meridionale che amava visitare, sono ispirate a uno stile dichiaratamente figurativo, anche se vi sono qua e la riferimenti alle varie correnti della pittura del tardo ottocento come l’impressionismo e i macchiaioli e del primo novecento tradizionale come quella di Ottone Rosai.

Tra i tantissimi quadri che tappezzano le pareti di casa spiccano per dimensione due bellissime rappresentazioni panoramiche di Carpi riprese dal terrazzo della Cassa di Risparmio.

Ma le opere non si trovano solo in casa. Chi gira per Carpi e frequenta i luoghi della città si può trovare ad ammirare vari interessanti lavori come la piccola scultura che rappresenta l’antica porta Mantova proprio contro l’ultima colonna del portico di Corso Fanti, una bellissima cornice finemente decorata in cotto nella porta d’ingresso di palazzo Cortesi in Corso Cabassi, un busto di Bernardino Ramazzini nell’ospedale della città, un prestigioso altare alla Madonna Ianua Coeli nella seconda colonna di destra del duomo, e parecchie altre opere marmoree nel cimitero urbano.

Alcuni anni prima della morte, avvenuta nel 1974, Gino cedette l’attività del laboratorio di marmista agli operai Bellini e Preti che la porteranno avanti per parecchi anni prima di abbandonarla definitivamente.

Nel 1998, poco prima della demolizione del laboratorio ormai abbandonato e polveroso, venne realizzata una interessantissima pellicola muta in bianco e nero che ho potuto visionare. Guardando queste immagini è come se passassero cent’anni di vita e faticoso lavoro in poche decine di minuti e si ritorna indietro in un passato che sembra lontanissimo ma anche recentissimo: i banconi da lavoro coi vecchi macchinari per l’immorsatura, il taglio, la levigatura, la foratura delle lastre sotto le capriate in legno del tetto, frammenti di marmo con bassorilievi, teste di Cristo, angeli, madonnine, scritte commemorative incise, un manifesto inneggiante a una vittoria del nostro esercito nei pressi di Maccalè, qualche acquerello incorniciato con vedute a tenui colori tanto per ingentilire l’austero ambiente di lavoro.

E, per chi ci è stato anni fa, pare di risentire gli stridori dei macchinari, l’odore pungente dei mastici e degli stucchi e di rivedere Gino con la sua immancabile sigaretta all’angolo della bocca, il suo sorriso, le sue battute salaci per i lavoranti, entrare e rintanarsi nella sua stanzetta dove l’aspettano fogli, tele e colori, sedere al cavalletto e ricominciare………

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