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Disputa regolamentata a scuola. Due insegnanti di filosofia raccontano la loro esperienza

Esercizio del pensare, un fatto educativo

di Valeria Magri

E’ possibile insegnare ad argomentare e accettare la relazione con l’altro diverso da noi, senza confliggere?

Marco Ferrari e Massimo Nardi raccontano, all’interno del Festival Francescano, la loro esperienza con ragazzi di Istituti superiori. Hanno scritto un libro, “Educare a pensare – teoria e pratica della disputa regolamentata” con vari contributi che narrano esperienze, metodologie e percorsi dettagliati sull’argomentare.

Ma che cosa significa imparare ad argomentare? Mettere in pratica la dimensione dialogica.

Marco Ferrari dice che “non si fa un dialogo socratico ma si vuole organizzare un discorso su un tema con dei tempi rilevanti e degli obiettivi precisi”.

Massimo Nardi parla di Age contra: disputare contro. “Questo succedeva nel foro, in tribunale, in senato. Si discuteva, si argomentava. Disputare contro ha una funzione formativa e contribuisce alla ricerca della verità ma non per sopraffare. L’avversario non è da abbattere, va riconosciuto il suo stile di disputa ed è qualcuno con cui costruire un percorso di pensiero e formazione. E’ fondamentale recuperare la fase euristica di ricerca della verità”. Secondo gli autori l’argomentare non è pensare che nella disputa si possa arrivare ad una verità assoluta, non c’è il bene e il male, il vero e il falso ma c’è un delicato equilibrio da costruire.

Si può insegnare ad argomentare? La risposta per Nardi è si. L’esperienza sul campo, in classe, come insegnanti ha mostrato loro che occorre uscire da uno schema obsoleto, dove “i ragazzi sono vittime di un apprendimento meccanico, ripetitivo e poco interiorizzato”. Diventa importante riconoscere ai ragazzi di possedere risorse e quindi renderli partecipi e protagonisti. “La prassi didattica tradizionale è spesso incentrata sull’apprendimento passivo. Gli studenti memorizzano informazioni senza analizzare criticamente e argomentare in modo efficace. Questo approccio non prepara adeguatamente gli studenti ad affrontare le sfide della vita reale” (pag. 162 Ferrari – Nardi) . “Non più il ricevere un sapere trasmesso ma essere coinvolti nella costruzione del sapere”. Nella disputa quindi l’obiettivo non è convincere, se qualcuno vince qualcuno perde, ma “persuadere e suadere è fatto della dolcezza, portare l’altro con dolcezza dalla propria parte, non vincerlo e quindi farlo sentire solo”.

Ci si può allenare ad argomentare. “E’ un lavoro di controcultura – afferma Nardi – perché la cultura pura e la comunicazione sociale vanno nella direzione di un confronto muscolare, polarizzato, invece la scuola può far scoprire che c’è un gusto del pensare, del dialogare che ha un sapore completamente diverso. Perciò c’è di mezzo l’educazione”.

Altro momento del Festival. Oratore Stefano Mancuso

“Il cuore dalla democrazia – dice Ferrari – è porre domande (compito della filosofia) e trovare spazi per la ricerca della verità”.

“La pratica della disputa è funzionale a una didattica attiva, problematica ed esplorativa … la domanda è l’elemento essenziale per attivare un pensiero curioso e riflessivo … attraverso le domande si mettono in discussione credenze preesistenti, si analizzano e valutano convinzioni proprie e altrui … si pongono le basi per il dialogo e la discussione … favoriscono un apprendimento attivo”. Nardi 2025, pag. 177-178

In una scuola come quella di oggi tanto problematica e conflittuale, insegnare ai ragazzi a confrontarsi, a condurre le proprie discussioni, argomentando ma senza prevaricazione, imparando ad ascoltare il punto di vista dell’altro, stando dentro alla relazione nella ricerca di risposte da condividere, penso sia una sfida che la scuola dovrebbe affrontare, con l’auspicio che i cittadini di domani siano sempre più consapevoli e rispettosi gli uni degli altri.

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