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Ascolto e silenzio per onorare le parole dell’altro. “Le parole sono proiettili” (Lacan)

Una lectio sull’ascolto e sul rispetto della persona.
Massimo Recalcati: Modena 15 settembre 2023 Festival Filosofia
di Valeria Magri

In una Piazza Grande assolata e gremita di persone, lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati da inizio alla sua lectio magistralis soffermandosi sull’aspetto traumatico delle parole. “Lacan le chiamava le parole proiettile”, dice Recalcati, cercando poi di spiegarne il significato. “Il proiettile ti colpisce dall’esterno, lascia impronte e marchi”. Sono parole di odio, di disprezzo che lasciano ferite. Fa l’esempio dell’insegnante che dice all’alunna “Sei un’oca”, questa parola si insinuerà profondamente nella sua interiorità. “Le parole sono chiodi conficcati nella nostra memoria” continua lo psicanalista.

Recalcati dice che “noi siamo parlati prima di parlare e nel nostro essere stati bambini siamo stati parlati dagli altri”. Il filosofo Sartre diceva “essere portati dagli altri”. Gli altri ci hanno consegnato un destino. La parola proiettile crivella l’altro. “Quando un genitore tratta un bambino come insufficiente quel bambino – dice Recalcati – diventa insufficiente”. Tutti siamo stati bambini e fin dall’infanzia, secondo Recalcati, le parole lasciano segni, impronte che possono influenzare la nostra identità. Per lui la parola è sempre in rapporto strettissimo con l’altro. Il nostro nome proprio proviene dall’altro. Noi portiamo gli altri al centro di noi stessi. ”Noi siamo fatti dalle parole dell’altro, ma costituiamo anche la nostra parola”.

La parola sembra avere anche il potere di trasformare il nostro passato. Nel leggere i fatti della nostra vita li modifichiamo, non sono più gli stessi accaduti in passato. Nel suo lavoro, durante l’incontro con il paziente, accade che l’analista stia in silenzio. “Egli tace per onorare la parola del paziente, per darle peso – dice Recalcati – e spesso significa dare parola al dolore. Parlare ha un potere liberatorio”.

Ci sono anche parole che non ci sono mai state dette, o che non abbiamo mai detto. E affinché escano, secondo lo psicanalista, occorre l’ascolto. C’è un nesso tra silenzio e ascolto. “Perché ci sia ascolto ci deve essere silenzio. Il silenzio dello psicanalista da valore alle parole del paziente, lo onora. Dare la parola diventa inclusivo perché implica l’ascolto. Ma la parola è anche luce”. Recalcati cita l’Antico Testamento, in cui la parola non è solo ciò che esiste, non è la nominazione delle cose ma genera le cose, genera l’evento “Dio disse … e così fu”. La parola fa esistere il passato in modi nuovi. E’ la nostra parola che descrive quello che è già stato. Il passato esiste ogni volta che lo raccontiamo ma in modo nuovo, è ciò che si trasforma grazie alla nostra parola. E per concludere nessuno di noi può liberarsi dei suoi marchi ma possiamo trasformarli come nostri cioè in qualcosa di nuovo.

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