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Dalla logica del nemico alla logica della fratellanza. L’etica del viandante: non avere una meta

Dal paradigma antropocentrico a quello biocentrico
Carpi 17 settembre 2023, Umberto Galimberti Festival Filosofia
di Valeria Magri

La piazza dei Martiri di Carpi è piena di gente in questa giornata dove la filosofia trova spazio nelle piazze di Modena, Carpi e Sassuolo. Il mio sguardo va oltre i posti a sedere. Si allunga a una fila di persone che aspettano per entrare, sono adulti, giovani, anziani, alunni di scuola. Si coglie un turbinio di voci, di gente in movimento nella piazza dove tutti, incuriositi, si dirigono verso l’ingresso. Poi arriva lui … il professore. Un applauso. E’ di casa a Carpi, lo dice il Sindaco Alberto Bellelli presentandolo, è venuto già molte volte. E la gente ad ascoltarlo è sempre tanta.

Qual è l’etica del Viandante secondo Galimberti? Il filosofo e psicanalista fa una distinzione tra viaggiatore e viandante definendo il primo come “colui che ha una meta da raggiungere mentre il secondo non ha scopi, cammina semplicemente per fare esperienze. L’etica del viandante è di farsi carico dell’assenza dello scopo”. “Siamo oggi senza parole – dice Galimberti – perché quelle che usiamo appartengono a mondi che non ci sono più”. Oggi usiamo le parole del tempo greco e di quello giudaico-cristiano.

Dal repertorio del Festival Filosofia

Il greco, secondo il professore, concepisce l’uomo come un essere mortale che gli da quindi il senso del limite. L’obiettivo che l’uomo si deve porre è di realizzare se stesso, ciò per cui è nato, il suo demone, la sua virtù. Tutto ciò secondo misura.

Il tempo giudaico-cristiano porta all’uomo il concetto di immortalità. L’uomo creato da Dio e inteso come creatura buona che dominerà la natura. E così l’uomo diventa signore e padrone del mondo. In questo modo, per Galimberti, si favorisce la nascita di una cultura antropocentrica (uomo al centro dell’universo).

Nel suo excursus attraverso le varie epoche storiche, Galimberti si sofferma particolarmente sull’età della tecnica, definendola “la più alta forma di razionalità dell’uomo”. Il suo obiettivo è raggiungere il massimo degli scopi con il minimo dei mezzi, realizzando la velocizzazione del tempo. E’ un tempo in cui “nell’uomo viene eliminato l’aspetto irrazionale come il sogno, la fantasia, il dolore. La tecnica non apre orizzonti di senso, semplicemente funziona e il suo funzionamento è diventato universale”. Ed è qui che subentra quello che il professore definisce lo “spaesamento”. Ciò si verifica nel momento in cui l’identità viene attribuita all’uomo dall’apparato, dal sistema lavorativo, dimenticandoci quindi che l’identità è un “dono sociale”.

Dal repertorio del Festival Filosofia

L’indicazione risolutiva offerta dal filosofo è di uscire “dal paradigma antropocentrico per approdare ad un paradigma biocentrico che significa vita.” Occorre costituire una logica cosmopolita e non una logica dello Stato. “Da salvare non è la patria – dice Galimberti – ma la terra. Alla ragion di Stato dobbiamo sostituire la ragione dell’umanità”.

E come conclusione “Gli Stati dovrebbero rinunciare alla sovranità. Ogni principio di sovranità è contro la terra”.

Passare quindi dalla logica del nemico alla logica della fratellanza. Abbiamo un modello: San Francesco d’Assisi”.

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