Diventare migliori facendo. La soddisfazione nell’insegnare agli stranieri
Per restituire alla vita
di Carlo Del Grande
Mi sento fortunato. Più precisamente: sono fortunato. Era tanto tempo che cercavo un modo per restituire qualcosa di quello che la vita (e il caso) mi ha donato: una bella famiglia, una casa, un lavoro che mi appassiona. Ma qualcosa mancava. Ci ho messo un po’ a capire cosa fosse. Galeotto fu un volantino, visto di sfuggita in Via Trento e Trieste a Carpi, vicino alla chiesa di San Francesco. Si parlava di corsi di lingua e cultura italiana per stranieri. Ho una tradizione familiare lunga in fatto di insegnamento, ma ho fatto scelte diverse e ho sempre guardato al mondo della scuola con un misto tra curiosità e attrazione. Questa era l’occasione per me. Mi sono messo in contatto con il progetto EroStraniero, nella persona – splendida – di Franca Ghidoni e nell’arco di qualche settimana sono diventato un professore. O un “teacher” come mi chiama qualche mio alunno che per rispetto preferisce non chiamarmi per nome, nonostante lo preghi di farlo.
Un corso anomalo, il nostro, perché tutti i corsi iniziano a ottobre, ma il nostro è partito ad aprile, aiutando in minima parte ad alleggerire la lunga lista di attesa di aspiranti studenti. Eh, sì, c’è una richiesta enorme. Mi è stato prima raccontato e poi l’ho visto con i miei occhi, nei corridoi affollati della Casa del Volontariato di Viale Peruzzi.
Misurarsi con l’insegnamento è stata – ed ancora è, sono solo agli inizi – una sfida tra le più coinvolgenti che mi si siano parate davanti. Ho conosciuto la mia collega Gianna e non ci è voluto molto per trovare una sintonia tra i nostri diversi caratteri. Si vede che ci animano gli stessi principi e il cammino scorre liscio: c’è voglia di fare ma anche inventiva e buon umore.
Ci siamo trovati in una delle classi più numerose e anche dalla frequentazione più costante. Abbiamo studenti pakistani, marocchini, ghanesi, cinesi ma mi è capitato di fare lezioni – magari supplenze – a studenti bengalesi, tunisini o egiziani. Adulti, ragazzi, uomini, donne, copriamo una bella fascia d’età. E devo ammettere che già vedere persone con provenienze così disparate riunite in una stanza dà una bella sensazione. Ti fa capire, così, semplicemente, come gli esseri umani si possano trovare fianco a fianco, senza rinunciare alle proprie individualità e possano lavorare insieme, se condividono un obiettivo. Uno nobile come quello dell’apprendimento, poi.
Nella scuola tradizionale siamo abituati a studenti più o meno volenterosi. Non so se sia fortuna o semplicemente la regola, ma i nostri studenti hanno una voglia matta d’imparare. Ed è chiaro che con alunni così, insegnare diventa decisamente più semplice.
Insomma, questo è quello che si dice “un buon inizio”. Abbiamo mille idee e molta voglia di dar loro forma. Gli alunni ci seguono e il progetto ci sostiene. Non ci resta che rimboccarci le maniche: l’estate passa in fretta e i nuovi corsi partiranno a ottobre. A questo proposito: avete mai pensato di proporvi come volontari per insegnare lingua e cultura italiana agli stranieri? Garantiamo soddisfazioni, un gruppo di docenti affiatato e, con un po’ d’impegno da parte vostra, ottime possibilità di migliorarvi. È capitato anche a me e lo consiglio senza alcun dubbio.
2 risposte a “Diventare migliori facendo. La soddisfazione nell’insegnare agli stranieri”
-
👏🏽👏🏽👏🏽👏🏽 I migliori insegnanti
-
Troppo gentile, Jessica! 🙂
-
Rispondi a Carlo Annulla risposta