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EroStraniero e UCSI: al sermig di Torino luogo di pace ed inclusione

Raffaele Facci e Valeria Magri hanno portato l’esperienza del gruppo carpigiano impegnato sui temi dell’immigrazione e della scuola

di Valeria Magri

Il 9 e 10 dicembre l’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) dell’Emilia-Romagna ha organizzato una visita a Torino, curata dal giornalista Roberto Zalambani. Nei due giorni, tante sono state le tappe effettuate: il Sermig, la mostra su San Francesco di Sales patrono dei giornalisti, il Museo Casa Don Bosco, la visita al Museo Officina della scrittura “Aurora”. Tutte molto interessanti. Noi, come giornale EroStraniero di Carpi, ci siamo soffermati con le nostre riflessioni sul Sermig. Poiché ci occupiamo di identità, di immigrati, di scuola, questo centro situato a Porta Palazzo ci ha notevolmente incuriosito proprio per la vicinanza alla realtà del volontariato carpigiano che si adopera notevolmente nella accoglienza e inclusione degli stranieri. In questa visita a Torino abbiamo respirato un clima di spiritualità, di solidarietà e di contatto con personaggi storici come Don Bosco o San Francesco di Sales, vissuti nel passato ma che si sono fatti presente nel momento in cui ci sono stati raccontati, durante le visite guidate, da persone appassionate e competenti. Sto parlando di Marco guida al Sermig, della direttrice del museo di Casa Don bosco Stefania De Vita che ci ha guidato alla mostra dedicata a S. Francesco di Sales patrono dei giornalisti nel 400° della morte. E poi ancora il coordinatore della mostra dei presepi in S. Maria Ausiliatrice sig. Renzo che ci ha fatto una dettagliata e appassionata narrazione di ogni presepe.

UN VIAGGIO DENTRO AL SERMIG

Siamo stati ospiti al SERMIG, luogo di pace e inclusione, quella vera. Basta osservare i bambini, nelle sue scuole, che giocano in cortile, che si rincorrono felici. Basta guardare gli scritti dei bambini nel cortile per capire che qui si parla di pace e si cerca di realizzarla. E pensi: “Ma allora è vero, si può costruire una comunità dove vengano rispettati valori come la fratellanza, l’accoglienza, il rispetto dell’altro”.
IL MONDO SI PUÒ CAMBIARE c’è scritto nell’opuscolo illustrativo del SERMIG. Sì, perché tutto è partito da un sogno, quello di Ernesto Olivero e di sua moglie Maria Cerrato insieme ad un gruppo di amici, nel 1964. Il sogno era sconfiggere la fame nel mondo, abbracciare valori come la solidarietà verso i poveri, aiutare i missionari nel mondo e accompagnare i giovani in percorsi di pace. Hanno iniziato ad immaginare la costruzione di un centro interessato ai poveri, a coloro che erano bisognosi di aiuto, oltre a istituire un punto di incontro, di dialogo, di speranza. La speranza appunto di un mondo migliore.
UN SOGNO DIVENTATO REALTÀ
Per noi giornalisti dell’UCSI era prevista la visita al SERMIG. Accompagnati da Marco, volontario, ci incamminiamo all’esplorazione del Centro che ci sembra come uno scrigno ricco di scoperte. Lo facciamo con rispetto e un po’ in punta di piedi attraversando gli spazi dediti a varie attività. Intanto Marco, con il suo racconto appassionato e competente, ci stimola curiosità e desiderio di capire. Il suo racconto carico di umanità e di aneddoti dalle origini ai giorni nostri ci scalda il cuore.
I fondatori del SERMIG, nel loro intendimento, si sono ispirati al vangelo e hanno dato vita alla fraternità della speranza, per sentirsi uniti a chi non solo è in cerca di pane ma anche di senso. Hanno così individuato un luogo di porta palazzo, quartiere multietnico di Torino, dove si trovava il vecchio arsenale militare. Ristrutturandolo sarebbe potuto diventare un arsenale della pace. Una bella idea, ma era tutto da ricostruire e ci volevano molte risorse. Fu così che Ernesto Olivero iniziò a cercare contatti per raccogliere fondi. Incontrò Giorgio La Pira nel ’78 e ne uscì la profezia di Isaia “Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; non si eserciteranno più nell’arte della guerra.” Isaia 2,4 che troviamo scritto in un angolo del SERMIG. “Nel 1980 – ci racconta Marco – Ernesto fu ricevuto da Andreotti a Montecitorio e chiese di essere aiutato per un miracolo: trasformare l’arsenale della guerra dove si costruivano armi in arsenale della pace.” Nel 1983 viene assegnato al SERMIG, in comodato dal Comune di Torino, l’ex Arsenale Militare di Piazza Borgo Dora. Olivero, incoraggiato da Giorgio La Pira, sente che questo sarà il primo grande passo di una profezia di pace. Così attraverso il lavoro di tanti volontari venne ristrutturato e trasformato in arsenale della pace. Oggi è un luogo rivolto alla comunità dove si trovano vari servizi. Tutto completamente basato sul volontariato. Al suo interno si scopre il polo del dialogo per riflettere sui problemi
problemi del nostro tempo, l’ospiteria per l’accoglienza di giovani e famiglie, il centro medico per l’assistenza, una scuola per artigiani restauratori, il laboratorio del suono per la produzione musicale e discografica, la scuola di italiano per adulti stranieri e poi Felicizia, un progetto educativo per bambini e ragazzi di 20 diverse nazionalità del quartiere di Porta Palazzo.
DIGNITÀ E SPERANZA
Marco ci conduce anche ad un altro luogo interessante, l’emporio speranza, dove un gruppo di volontarie smistano i vestiti che vengono dati al Sermig per poi distribuirli alle persone bisognose. Abiti e materiale che viene inviato alle missioni, ma anche ai residenti “dove però – dice Marco – si fa attenzione alla decenza e dignità. Vengono consegnati soltanto vestiti buoni per rispetto nei confronti delle persone, rispetto per la loro dignità. In un primo momento, attraverso una scheda vengono raccolti dati sulla situazione familiare e sui loro bisogni, così da poter dare loro quel giusto e utile aiuto adeguandolo ai bisogni che esprimono”. Infine per dare un po’ di numeri: le risorse entrate per il SERMIG sono il 97% donazioni di privati, il 2,7% enti pubblici e banche. I progetti di sviluppo sono stati 3730, i pasti offerti al giorno sono 3.000, le ore di volontariato 28.364.000.

Valeria Magri

Da sinistra: Massimo Malagoli, Valeria Magri, Stefania De Vita (direttrice del Museo), Roberto Zalambani e Raffaele Facci

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