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Rieccoci. Dopo dodici anni di attività.

EroStraniero continua nel suo impegno

di Mario Orlandi

Siamo di nuovo qui riuniti, in questa stanza della Casa del Volontariato, noi volontari di EroStraniero, impegnanti nell’insegnamento della lingua e della cultura italiana agli stranieri adulti. Siamo una trentina.

Alcuni, e tra questi il sottoscritto, hanno alle spalle molti anni di impegno in questo progetto, altri si sono aggregati al gruppo da pochi anni e altri ancora si sono uniti a noi solo oggi. Ma tutti siamo determinati a continuare questa importante esperienza, convinti come siamo, che l’insegnamento della lingua e della cultura sia il primo e più importante passo per l’integrazione degli stranieri nella nostra società. Sono passati dodici anni da quando un gruppo di volontari provenienti da culture diverse –l’Azione Cattolica, il Masci, l’U.D.I- decisero di fondare questa associazione trovando subito un riscontro convinto da parte di molte persone disponibili a insegnare e di un nutrito numero di stranieri disposti ad apprendere.

In dodici anni di insegnamento abbiamo visto sostare sui nostri banchi persone provenienti da tutti i continenti –Oceania esclusa forse- e di tutte le nazioni. Qualche anno fa, nella mia classe c’erano alunni di undici nazionalità, e, ovviamente, il lavoro per me, è stato più impegnativo del solito.

Ora, la maggioranza degli studenti è composta da donne provenienti dai paesi dell’Est, soprattutto dall’Ukraina, che, come sappiamo, è martoriata dalla guerra, ma da cui, anche prima della guerra, ci arrivava il gruppo più numeroso di partecipanti alle lezioni.

Bisogna ammettere che, se da un lato, l’impegno degli insegnanti è quanto mai lodevole, anche quello degli studenti e, in particolare delle studentesse (le femmine sono la grande maggioranza tra gli alunni) non è da meno.

Non molti anni fa, un gruppo di studenti provenienti dal Gambia, veniva alle lezioni percorrendo in bicicletta, col caldo e il freddo, il sole e la pioggia, il percorso da Soliera, dove erano alloggiati, a Carpi e viceversa, e, soprattutto col brutto tempo, mi si stringeva il cuore vederli arrivare con la loro bici coperti alla bene meglio e quasi sempre, piuttosto bagnati. E anche molte studentesse vengono da località non proprio vicine come le nostre frazioni di Cortile, Budrione e Migliarina, il che le costringe a prendere l’autobus e ad arrivare a scuola con largo anticipo (e a ritornare a casa non proprio con comodo).

Il mio impegno nel ruolo di docente, è stato sì concentrato nell’insegnamento della lingua e della cultura italiana, ma anche e soprattutto, nel creare una sintonia tra di noi, cosa abbastanza semplice con gli studenti in avanzato stato di apprendimento, molto più difficile con quelli meno acculturati.

Ricordo un episodio accaduto nei primi anni di insegnamento quando mi ritrovai con una classe composta da studenti pakistani il cui unico linguaggio era l’urdu. In questo caso l’unico modo di andare al di là del semplice insegnamento della lingua fu creare una specie di dialogo (ma dialogo non è certo il termine giusto) attraverso uno di loro che sapeva, come me, un po’ di inglese.

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